Nessuno mi può giudicare…

Li promuoviamo e li bocciamo. Ma NOI, siamo disposti a farci valutare?

“I quesiti proposti erano troppo nozionistici! La prova avvantaggiava i laureati in discipline scientifiche. I testi delle prove erano pieni di errori”. Questi i toni di gran parte dei commenti alle prove che negli ultimi mesi abbiamo affrontato noi docenti precari di ogni ambito disciplinare e di ogni ordine di scuola: le prove di ammissione al TFA (per il conseguimento dell’abilitazione) e la prova preselettiva del concorso a cattedra.

Molte critiche sono piovute nei confronti di queste prove; critiche in diversi casi fondate (alcuni palesi errori nelle prove proposte sono ingiustificabili); in molti altri – a mio avviso – gratuite e niente affatto costruttive.

Poniamoci piuttosto con un approccio positivo: le modalità con cui la selezione è stata portata avanti possono fornire lo spunto per riflessioni complesse e delicate, utili però a definire meglio le conoscenze e le competenze, tanto generali quanto disciplinari, che vogliamo (come cittadini, come istituzione-scuola, come ministero) richiedere ai futuri insegnanti.

Ha senso che un’aspirante maestra elementare sappia completare correttamente una successione di numeri naturali? O che un docente di matematica conosca una formula che non viene praticamente mai utilizzata?

E ancora: come si può pretendere che un insegnante della scuola primaria, che nel corso degli anni ha sviluppato e affinato capacità didattiche, psicologiche e relazionali – sicuramente importanti per la sua attività in classe – “sia ancora fresco” riguardo a nozioni acquisite magari qualche decina di anni fa? E qui la domanda per me cruciale: può tale insegnante dimostrare di aver effettivamente acquisito tali capacità?

E’ da quest’ultimo punto che vorrei ripartire, lanciando una controproposta.

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